Sabato 9 luglio | ore 21 | Piazza Garibaldi

Ciro De Caro e Rosa Palasciano
presentano
GIULIA

Candidato al David di Donatello per la miglior attrice protagonista (Rosa Palasciano)

Vincitore del Nastro d’Argento speciale – Fondazione Claudio Nobis al film più indipendente

PER PRENOTARE UN POSTO

Diretto da Ciro De Caro (Spaghetti Story, Acqua di marzo). Con Rosa Palasciano (Rudy Valentino, L’uomo dal fiore in bocca), Valerio Di Benedetto (Spaghetti Story, Acqua di marzo), Fabrizio Ciavoni, Matteo Quinzi, Leonardo Bocci, Cristian Di Sante. Commedia (109′)

Il regista

Ciro De Caro è nato a Roma nel 1975. Dopo aver girato i primi cortometraggi in ambito universitario, inizia a lavorare come regista di pubblicità. Nel 2013 esordisce con il suo primo lungometraggio Spaghetti Story, un piccolo film indipendente che ha riscosso un inaspettato successo di pubblico ed è stato molto apprezzato dalla critica. Nel 2016 gira il suo secondo lungometraggio, Acqua di marzo.

Giulia è il suo terzo film.

Ciro De Caro
Ciro De Caro

La storia

Giulia è costantemente divisa tra il bisogno di sentirsi a casa, amata e una selvaggia e sacrosanta voglia di libertà. Quando si ritrova letteralmente in mezzo a una strada inizia, in maniera tutta sua, a cercare un rifugio e un posto nel mondo.

Tra un illusorio desiderio di maternità e qualche espediente per sbarcare il lunario, passa i giorni più caldi di una torrida estate romana con dei personaggi dall’esistenza vuota, inafferrabili, puri e meravigliosi, come lei.

In una sospensione fatta di niente (e di tutto) Giulia comprende che sta a lei decidere come vivere, o non vivere, la vita.

Nota del regista

Volendo estremizzare la mia idea di cinema, e quindi quella che c’è in GIULIA penso di poter utilizzare tre parole: verità, rigore e leggerezza.

Nella sceneggiatura, scritta a quattro mani con Rosa Palasciano, abbiamo deciso di raccontare qualcosa di sottile e impalpabile, fotografando personaggi inafferrabili e assuefatti a una condizione che manderebbe in crisi chiunque sia abituato a condurre una vita fatta di certezze e scandita da tappe prestabilite e che invece loro vivono con una certa leggerezza.

Questi mondi a volte si scontrano, fanno qualche scintilla, ma poi c’è una parte che risputa via l’altra come se ci fossero degli invisibili anticorpi sociali che tengono lontano ciò che è diverso e che, dopo qualche momento di rabbia e umiliazione, ritorna serenamente e orgogliosamente al limbo dove si sente a proprio agio. Può succedere però che si sia costretti a uscire da questa “scomoda zona confortevole”, che ci si trovi letteralmente per strada, e a quel punto, con la stessa naturalezza, ci si può ritrovare in pochissimo tempo a vagabondare e a iniziare a costruirsi una nuova zona confortevole anche se la situazione è ancora più scomoda.

E’ quello che accade a Giulia, costantemente divisa tra il bisogno di sentirsi a casa e amata da qualcuno e una selvaggia e sacrosanta voglia di libertà.

Come regista mi sono posto di fronte a questa storia con lo scopo di raggiungere un risultato che restituisse realismo, naturalezza e verità. Questo mi ha portato a delle scelte, forse rischiose, ma che mi hanno consentito di mettere gli attori nella massima libertà possibile; gli ho chiesto di far vivere un personaggio reale, non costruito, e di spingersi anche oltre i confini della sceneggiatura. Ho voluto liberarli da tutto ciò che avrebbe potuto allontanarli da questa ricerca della verità; per fare un esempio non ho voluto un reparto trucco.

Mi interessava trovare in ogni scena e in ogni ciak un momento unico e vero; per questo ho chiesto al direttore della fotografia Manuele Mandolesi di ridurre le attrezzature al minimo, di essere discreto e rigoroso nelle scelte e di catturare la scena con lo sguardo di chi viene sorpreso da ciò che accade. Abbiamo percorso questa strada anche al montaggio, utilizzando un linguaggio che esula dagli standard del cinema più classico e che Jacopo Reale ha interpretato percorrendo una linea sottile senza concedere nulla alla stranezza fine a se stessa o alla comodità di scelte facili e collaudate.

Per continuare su questa strada di rigore e verità, ho deciso che nel film non dovesse esserci nessuna nota sonora a commento, l’unica musica presente nel film proviene dalla realtà della scena, come il brano che ballano o cantano i personaggi. Nella mia idea di cinema la musica mi porterebbe lontano dal realismo che cerco.

Tutto questo rigore spero sia servito (paradossalmente) a realizzare un film leggero e godibile proprio perché vero e sincero, e a raggiungere il difficile obiettivo di fare un film dove si ride mentre c’è un dramma che viaggia a fari spenti, si insinua nello spettatore che se ne rende conto quando è troppo tardi e gli resta appiccicato addosso per un po’. (Ciro De Caro)