LFF22, Valeria Solarino: «Ho iniziato a recitare grazie al videoclip di “Crazy” degli Aerosmith»

Il 2022 è l’anno della terza edizione del Lecco Film Fest, «ma ricorrono anche i primi 20 anni di carriera di Valeria Solarino», chiosa Federico Pontiggia, critico de La rivista del cinematografo che prende in contropiede la stessa attrice di origini venezuelane ma cresciuta a Torino, nota per numerosi ruoli nelle commedie e nelle pellicole più impegnate, attiva anche in Tv con Rocco Schiavone, e che alterna da sempre con il teatro, dove ha iniziato la sua carriera. «Sai che non lo sapevo, non ci avevo pensato»! Partiamo dalle origini allora, la incalza Pontiggia: «Come hai iniziato a recitare»? «Vedendo il video di “Crazy” degli Aerosmith ho detto “Voglio stare da quella parte dell’obiettivo della macchina da presa”. Dal videoclip della band, ho iniziato a studiare la recitazione. Va detto che quello dell’attore lo ritenevo già un lavoro bellissimo, quindi non pensavo potesse capitare a me. Andavo alla fine di ogni spettacolo di teatro a cui assistevo a complimentarmi con gli attori, anche quando non mi erano piaciuti».

Così, dalla fiammata rock e l’estetica del video degli Aerosmith, è andata a studiare recitazione entrando nella scuola di recitazione di Mauro Avogadro. «Ho anche tolto i piercing che avevo, su suo consiglio. Lo Stabile di Torino è stata una casa e si è creata una famiglia: con il gruppo di allora ci facciamo ancora oggi gli auguri di compleanno, ci diano aggiornamenti sui figli, su chi si sposa. E lì ho capito cosa volevo fare nella vita».

Quella delle recitazione è una passione, soprattutto per il teatro, a Solarino arriva anche della madre, pure lei attrice: «Non l’ho mai vista recitare, ha smesso che non ero ancora nata. Anche lei ha frequentato lo Stabile, ha fatto il corso del primo anno. Mi portava a vedere gli spettacoli assieme a mio fratello».

La sua carriera è iniziata con Mimmo Calopresti «che ti affidò un ruolo ne “La felicità non costa niente”», e poi? Chiede Pontiggia. «Poi presi parte a “Fame chimica”. Durante la scuola non volevo perdere le lezioni e il mio insegnante, Mauro Avogadro, mi disse: “Non ti preoccupare, fai questi lavori che sono un’opportunità”. È stato lui a incoraggiarmi», racconta l’attrice.

Valeria Solarino non ha mai pensato di fare la regista, né di teatro né di cinema, «anche se amo tutto quello che viene prima di uno spettacolo e del girato. Mi piace il pensiero che c’è dietro e dentro i personaggi che recito e la loro scrittura. Prima dell’interpretazione leggo insieme al regista la sceneggiatura, così capisco quello che vuole fare e avere dal mio personaggio. Poi mi approccio all’interpretazione del mio ruolo attraverso la prova costumi. Alcune interpretazioni mi hanno chiesto di cambiare anche la mia stessa postura: per portare sul grande schermo una donna vissuta nell’ottocento ho pensato “non ha mai messo dei tacchi”, così ho messo dei pesi alle mie caviglie per mutare la mia camminata».

Se l’attrice torinese ama particolarmente le serie tv perché danno più spazio per lavorare sul carattere del personaggio è del «teatro che ho un bisogno quasi fisiologico. Un linguaggio che è più avanti per i temi che anche in Italia riesce a trattare, rispetto al cinema». Nello spettacolo “Gerico Innocenza Rosa”, Solarino affronta infatti il delicato tema del “genere”: «Si tratta di un monologo molto intenso che Luana Rondinelli ha scritto pensando proprio a me perché c’era la volontà da parte di entrambe di lavorare insieme. Il testo, più che mai attuale, affronta il tema dell’identità di genere… Ma in generale mi piace definirlo come un testo che parla dell’identità in generale della persona. Il bisogno e il diritto di affermare la propria identità. Io interpreto tutti e tre i personaggi: sono Vincenzo, sono la nonna e la madre, le voci dei vicini di casa. È una sorta di confessione, ed è questa proprio la cosa bella che il monologo permette di fare. Una profonda confessione di un uomo che si sente donna che racconta il suo percorso di consapevolezza».

Solarino chiude la chiacchierata con il pubblico del Lecco Film Fest con due note personali, la prima sul tennis: «Adoro giocarci, ma ancora di più guardarlo. Tifo Nadal e tra gli italiani – mi piacciono tutti ammette -, ma seguo con piacere Berrettini e Sinner». E alla domande, “Cos’altro avresti fatto se non l’attrice”? Risponde cambiando il tempo verbale: «Avrei continuato a studiare filosofia in università. La recitazione mi ha portato lontano dagli studi, che però ho deciso di riprendere. Sono tornata a studiare a Torino. Mi sono ricordata quanto mi piaccia la filosofia».

Fotogallery di Karen Di Paola

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