01.07-07.07

Cinque cose da sapere su “Ordet – La parola”

È uno degli eventi più attesi della terza edizione del Lecco Film Fest.

Ospite d’onore del festival, Carlo Verdone presenterà Ordet – La parola, il capolavoro di Carl Theodor Dreyer che rappresenta per lui una connessione emotiva con il papà Mario Verdone, grande critico e storico del cinema nonché firma prestigiosa della Rivista del Cinematografo.

L’appuntamento è per sabato 9 luglio, alle ore 16:00, al Cinema Teatro Nuovo Aquilone di Lecco (clicca qui per prenotare un posto gratuito).

In attesa dell’incontro, ecco alcune cose da sapere su uno dei più grandi film della storia del cinema.

1. La storia

Ordet – La parola è ispirato all’omonima opera teatrale del pastore protestante Kaj Munk. Ambientata nella campagna danese dei primi del Novecento, è la storia di due famiglie divise dalle rispettive concezioni religiose. E di un matrimonio contrastato: da una parte c’è Anders, fratello minore di Mikkel e del folle Johannes Borgen; dall’altra c’è la donna che vorrebbe sposare, Anna, figlia del sarto Peter. I dissidi tra Borgen e Peter impediscono il matrimonio. Tutto cambia quando Inger, moglie di Mikkel, muore di parto…

2. Il regista

Realizzato nel 1955, Ordet è il penultimo lungometraggio di Carl Theodor Dreyer, nato a Copenaghen nel 1889. Figlio illegittimo di un contadino danese e di una governante svedese originaria della Scania, fu dato adozione ai severi signori Dreyer, rigidamente luterani. Dopo i primi passi come giornalista, si avvicinò al cinema scrivendo sottotitoli per i film muti e, in seguito, sceneggiature. In seguito ai primi successi in patria, fu chiamato in Francia per dirigere La passione di Giovanna d’Arco (1928), un capolavoro tra realismo e espressionismo. Nel 1932 girò Vampyr – Il vampiro, una meditazione surreale sulla paura, e nel 1943 il crudo Dies irae, un film sull’ipocrisia di chi aveva condannato le streghe. L’ultimo film, Gertrud (1964), fu accolto dalla critica in maniera discorde.

3. Leone d’oro, e non solo

Presentato in concorso alla 16ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, Ordet piacque alla giuria presieduta dal giornalista Mario Gromo, che gli assegnò il Leone d’oro per il miglior film, superando la concorrenza, tra gli altri, di Le amiche di Michelangelo Antonioni, Il bidone di Federico Fellini, Caccia al ladro di Alfred Hitchcock, Il grande coltello di Robert Aldrich, L’imperatrice Yang Kwei-fei di Kenji Mizoguchi. Un anno dopo ha vinto anche il Golden Globe per il miglior film straniero e, nel 1957, lo stesso riconoscimento da parte dell’americana National Board of Review Awards. In Italia, Ordet è uscito nelle sale solo nel 1959.

4. La critica

“In tutta la storia del cinema non esiste autore che abbia quanto Dreyer indagato con assoluta sincerità e con dolorosa angoscia i rapporti uomo-Dio. In questo momento di indubbia decadenza artistica del cinema mondiale, in cui sempre più prementi e invadenti si fanno gli interessi di ordine commerciale, l’opera di Dreyer assume un significato ed un valore addirittura simbolici: quello di una testimonianza di fede nei valori del cinema come arte e nel carattere essenzialmente trascendentale di espressione artistica. Dreyer ha sdegnosamente e ostinatamente rifiutato ogni lusinga e ogni allettamento esteriore, tenendosi fermo al nucleo essenziale del proprio mondo con una fedeltà permeata di sacrificio e di abnegazione alle proprie esigenze espressive. La religiosità che incide profondamente su ogni motivo dell’opera di Dreyer, e a un tempo possibilità di condanna irrevocabile o di salvazione fideistica per l’esistenza; ma tale salvazione, in tutte le opere fino a Ordet, è sempre manifestazione della trascendenza che si svela nella Grazia in un atto unilaterale”. (Nino Ghelli, Rivista del Cinematografo, ottobre 1955)

5. Carlo Verdone e Ordet

Qualche anno fa, in un evento al Torino Film Festival, Carlo Verdone dichiarò il suo amore per il film: “Vidi Ordet di Carl Theodor Dreyer in un cineclub negli anni ‘70. Ero con tre amici cinefili e ricordo che ne discutemmo tanto dopo la proiezione. La grandezza di questo film è nell’estremo rigore delle immagini in bianco e nero. Un bianco e nero assai contrastato che rispecchia l’austerità della vicenda e la superba direzione di tutti gli attori. Di impronta prettamente teatrale, lo considero un capolavoro assoluto perché pone quesiti oscuri sulla lettura della figura di Cristo e sulle diverse posizioni della religione protestante. Un film che non potrà mai essere dimenticato per le domande che continueremo a porci dopo la visione”.

Carlo Verdone
Carlo Verdone, ospite d’onore

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